Difficile poter dire “è finita” nello stesso istante. Ogni guerra ha una durata variabile anche se non riportata nei libri di storia e procede a oltranza per chi si confronta coi crimini compiuti, trascinando con sè verità lasciate a morire, anche loro, negli archivi dei tribunali internazionali.
“Revolution 808” è un progetto con cui Martino Lombezzi e Jorie Horsthius, fotografo lui mentre lei è giornalista, mettono in mostra per la prima volta in Italia i reperti raccolti nei sottoscala del tribunale dell’Aja, a pochi mesi dallo smantellamento della corte per i diritti di guerra dell’ex Jugoslavia che ha riscritto la storia, efferata, dei Balcani.
Il percorso, appena inaugurato ad Officine Fotografiche a Roma dove resterà in esposizione fino al 9 novembre, attraversa i 25 anni di indagini dell’Icty, dalla prima all’ultima sentenza di condanna verso il comandante Mladic emessa da un’istituzione che è stata al centro dell’attenzione mediatica mondiale, con il suicidio in diretta del generale Praljak, ma di cui non è stato mai analizzato il punto di vista di chi ci ha lavorato.
Abbiamo avuto l’occasione esclusiva – racconta Lombezzi – di entrare dietro le quinte e raccontare dall’interno l’istituzione attraverso le testimonianze di persone che non avevano mai parlato prima: interpreti, investigatori, giudici, magistrati e avvocati della difesa
A questa parte del racconto si accompagna un racconto fatto di dettagli fatto di dettagli, nastri ufficiali, documenti inediti, lluoghi e di un lavoro fatto nell’ufficio procuratore dove abbiamo avuto accesso a tutti i corpi di reato raccolti in 25 anni.
Il progetto è stato presentato nell’ambito del Festival della diplomazia, in corso a Roma fino al 26 ottobre con oltre 70 eventi che accendono l’attenzione sulla centralità delle relazioni internazionali.
“Revolution 808” è la storia della giustizia internazionale da dietro le quinte e un’occasione di riflessione su un’istituzione che lascia dietro sé un’eredità irrisolta.
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